La commistione tra la biologia e le altre discipline sta disvelando possibilità di ricerca e d’azione fino a pochi anni fa inimmaginabili. Anche l’industria alimentare sviluppa nuovi prodotti da commercializzare, sulla base dei risultati che l’intreccio di scienze diverse riesce a produrre, con una sempre maggiore attenzione all’impatto ambientale e alla salute dei consumatori. I giovani hanno a disposizione strumenti che potenziano le abilità umane e il futuro del mondo del lavoro dipende anche dalla capacità, delle nuove generazioni, di cogliere appieno tutto il potenziale che l’innovazione tecnologica porta in ogni ambito. 

Ne abbiamo parlato con Simone Bianco, ricercatore IBM Almaden Research Center di San Josè, in California. Bianco (che è nato a Taranto) guida il team impegnato negli studi sull’ingegneria cellulare. La sua ricerca abbraccia molti ambiti scientifici, dalla genetica alla bioingegneria, all’epidemiologia, alla fisica statistica e informatica. Dopo la formazione presso l’Università di Pisa, ha conseguito il dottorato di ricerca nel Texas, maturando significative esperienze negli Stati Uniti.

In occasione del BeAlternatives (27, 28 e 29 novembre scorsi), ha parlato della sua idea di “alternativa” agli studenti, durante gli incontri, molto partecipati, presso il Liceo Ferraris (dove egli stesso ha studiato) e presso la Cittadella delle Imprese. Gli abbiamo rivolto qualche domanda, non solo sulle giornate del BeAlternatives.

Come hai trovato i ragazzi ai quali hai raccontato di te, del tuo importantissimo lavoro in IBM?

L’intervento presso il Ferraris è andato molto bene: ho parlato della mia esperienza, della mia visione dell’essere alternativi. Si tratta della possibilità di creare l’alternativa attraverso la ricerca industriale. Attività molto importante per il futuro di tutti e, grazie alla quale, potranno crearsi nuove figure professionali. Ho partecipato all’incontro con gli studenti del Ferraris ed ho constatato con piacere che molti di quei ragazzi sono tornati, il giorno successivo, ad ascoltarmi in Camera di Commercio. 

Cosa dimostra questo?

Dimostra che esiste un certo interesse per gli argomenti che affronto, tutto sommato abbastanza complicati. Questi studenti mi danno molta speranza. C’è la volontà, da parte loro, di interfacciarsi con la realtà internazionale, con le nuove tecnologie; non solo con quelle di consumo, ma anche con quelle di alto livello, le quali potranno essere alla portata di tutti tra vent’anni. 

Hai raccolto atteggiamenti o interventi ispirati a pessimismo, o al contrario, a sentimenti di ottimismo?

Credo che ci sia una tensione dovuta all’incertezza del futuro, effetto anche dell’età: la scuola superiore rappresenta sempre un momento di cambiamento (sotto diversi aspetti). La tensione che si percepisce è sicuramente dovuta anche alla realtà cittadina; al modo in cui la realtà locale si configura nel più generale contesto del paese. L’incertezza è palpabile, ma ho anche riscontrato la volontà di arrivare a qualcosa di diverso. Per questa ragione, il BeAlternatives è stato molto importante. Ha offerto alla platea dei partecipanti tanti punti di vista, tanti differenti momenti di riflessione. Quando Massimo Chiriatti (autore di #Humanless edito da Hoepli; altro ospite del BeAlternatives), ha chiesto ai ragazzi se avessero già in mente cosa fare dopo il diploma, la risposta è stata negativa. Quindi l’incertezza c’è; non è detto che tutti a 16 anni debbano avere le idee chiare. In ogni caso, il dato dimostra che esiste un’attitudine all’incertezza maggiore di quella che mi sarei aspettata da ragazzi che sono sul punto di dover scegliere cosa fare nell’immediato futuro. Credo che la scelta di proseguire l’Università sia ormai obbligatoria, a meno che non si venga formati per un mestiere. 

Hai notato differenze tra la tua e le generazioni attuali? O, nella grammatica studentesca, l’incertezza è una sorta di costante, quale che sia il contesto storico ed economico?

Il futuro è sempre incerto, ma oggi i ragazzi sono molto più inseriti in un mondo tecnologico, c’è la possibilità di connettersi a grande distanza, nel tempo. Gli studenti di oggi hanno tante opportunità in più, e credo che proprio grazie a questa dotazione tecnologica, non da poco, i ragazzi sapranno fronteggiare meglio di quanto non abbiano saputo o potuto fare le generazioni passate, la precarietà che sempre accompagna la vita di una comunità, come del singolo. La possibilità di raggiungere determinati traguardi, secondo me, dipende molto di più dagli input personali, al giorno d’oggi. Dipende dall’impegno e dal saper cogliere le opportunità che arrivano da qualunque direzione.

Per IBM, immagino tu stia lavorando ad uno o più progetti specifici, in questo momento. Potresti anticipare qualche particolare sulle ricerche in corso?

Posso svelarvi tante cose, non so quanto siano interessanti. Il mio obiettivo in IBM, al momento, è l’applicazione dei metodi di matematica, fisica e informatica alla biologia, allo scopo di creare macchine cellulari. Strutture che facciano quel che chiediamo loro di fare, per esempio dispositivi in grado di mangiare l’inquinamento, di dirci se il nostro mare sia pulito, etc. Queste apparecchiature devono essere progettate in maniera precisa, sostenibile ed estremamente efficace. Quindi devono funzionare meglio di quanto facciano gli attuali sensori. Secondo me questa sarà l’industria del futuro, non solo il campo di ricerca del futuro. La biologia, che è la scienza di questo secolo, è pervasiva. Oggi le medicine si sintetizzano attraverso i batteri, tramite lieviti, allo stesso modo si creano additivi per gli alimenti: tramite lieviti. Questo nuovo approccio costituirà la spinta per la nascita di nuove figure professionali; credo che tutto ciò sia estremamente eccitante. Dal punto di vista scientifico, mi tiene sveglio la notte. 

Non è strano che anche in medicina si sia arrivati tardi a questa consapevolezza? Allo studio dei batteri di cui gli organismi, compreso quello umano, sono in larga parte composti, al fine di perfezionare terapie e farmaci?

Nel nostro corpo sono presenti più batteri che cellule. Siamo noi gli ospiti, non i batteri, come si pensa comunemente. Credo che il “ritardo” di certe applicazioni, certe scoperte, non dipenda dalla medicina, penso piuttosto che medici e ricercatori abbiano “improvvisamente” avuto a disposizione molti più strumenti, grazie ai quali hanno potuto raggiungere i risultati che conosciamo. Per esempio, gli studi sul microbiota sono recenti. La tecnologia che ci ha permesso di ottenere questi risultati sta diventando di largo consumo soltanto adesso. È il momento quindi di lavorare affinchè gli strumenti tecnologici siano sempre più democratici. Il futuro, alla luce di questa possibilità, mi sembra molto molto interessante.